(Continua da: La Gaussiana - Episode 1)
Mi ritenevo pertanto fortunato…praticamente avevo con me uno dei migliori del corso, uno con cui mi trovavo bene a lavorare, serio ma capace di ridere e scherzare, che per giunta abitava piuttosto vicino a casa mia, e avevo una delle migliori calcolatrici in commercio…cosa poteva andare storto?
Io e Pietro ci mettemmo al lavoro, dedicammo tempo a provare il programma per il calcolo dei coefficienti della gaussiana con numeri inventati, il tempo per il laboratorio non era molto quindi parlammo diffusamente delle cose da fare, delle sequenze di azioni per non perdere tempo, della opportunità di dividere I ruoli in tempi determinati (chi era al carrellino e prendeva la velocità’ e chi scriveva I campioni), insomma cercammo di immaginare tutto quello che poteva succedere durante la prova a laboratorio, infine Io mi assicurai di avere a disposizione materiale più che sufficiente per la stesura della relazione (carta millimetrata, matite, gomme, righelli…tutto il necessario).
Il giorno del laboratorio tutto andò più o meno come ci eravamo immaginati, eccetto per il fatto che ci mettemmo più tempo del previsto ad impratichirci con carrellino e letture, in quanto l’assistente non sembrava molto collaborativo, con il risultato che prendemmo meno campioni di quanto avevamo preventivato.
Andò tutto bene fino al giorno della stesura della relazione, dove avemmo una brutta sorpresa…pur rifacendo I conti più e piu’ volte la gaussiana si rifiutava di comparire nei nostri grafici, al suo posto c’era qualcos’altro…qualcosa che approfondirò più avanti.
Demmo immediatamente la colpa a noi stessi e ci sentimmo frustrati per l’accaduto, non era possibile, dovevamo aver sicuramente sbagliato qualcosa, e cominciammo ad esaminare le possibili cause, forse avevamo preso troppo pochi campioni, forse li avevamo annotati in modo frettoloso ed avevamo annotato valori sbagliati, chi lo sa, arrivammo persino a sospettare che ci eravamo mossi in modo troppo rapido attorno al banco di misura e/o avevamo respirato troppo forse, alterando in tal modo le misure della velocità’ del carrellino.
Ci rassegnammo a chiedere (vergogna) una nuova effettuazione della prova e ci sorbimmo gli immancabili commenti sarcastici degli assistenti, cominciavamo ad essere preoccupati, semplicemente NON C’ERA una modo per avere una terza prova di laboratorio (il solo citarne la possibilità produceva un flusso inarrestabile si scuotimenti testa e commenti spiacevoli tipo “cossa **** gave’ fatto???” (citazione da originale in dialetto veneto: “cosa **** avete combinato?”), la seconda era l’ultima prova, l’ULTIMA, poi doveva venire fuori una gaussiana dalla nostra relazione, oppure potevamo scegliere “un corso di studi più consono alle nostre (risatina/ghigno) inclinazioni e capacità”.
Inutile dire che io e Pietro affrontammo la seconda misura di laboratorio come se si fosse trattato di una prova iniziatica, da passare ad ogni costo pena la morte, quel secondo giorno ci muovevamo (ovviamente SOLO quando NON si muoveva il carrellino) come ninja silenziosi e spietati, persino la respirazione controllata, I nostri movimenti sincronizzati, dovevamo avere un aspetto inquietante, perché’ quello è l’unico giorno in cui non ricordo risatine ne’ commenti.
Il numero di campioni preso era il TRIPLO della volta precedente, e ogni singolo valore annotato era stato controllato separatamente da entrambi.
E venne il giorno della relazione, è opportuno ricordare che eravamo stati avvisati che ciascuna delle due prove era stata effettuata in un diverso banco di misura, quindi non potevamo usare I dati della sessione precedente nella nuova relazione, erano “del tutto irrilevanti”.
Con nostra sorpresa e terrore si verificò lo spiacevole evento …in pratica non c’era verso di vedere una corrispondenza tra I dati campionati ed la forma di una gaussiana, quello che veniva fuori, in ambedue I casi, era qualcosa di completamente inaspettato: assomigliava alla gobba, o meglio alle gobbe di un cammello: DUE belle gobbe, o più propriamente due “picchi di probabilità statistica” con un intermezzo non trascurabile, una specie di “sella” di dati.
Non aveva importanza quante volte ripetevamo gli estenuanti inserimenti di svariate centinaia di campioni nella calcolatrice, davanti a noi si materializzava sempre una gaussiana spessa, “tozza” (il modello risultante dai dati) al centro della distribuzione effettiva e dei campioni che aveva appunto due picchi distinti.
Esausti e depressi ci concedemmo un’altra giornata per pensare, era venerdì, in serata inoltrata semplicemente cedemmo alla stanchezza e pensammo che in fondo…avevamo tutto il fine settimana per “gestire” la situazione.
Gli altri due giorni furono vissuti tra crescente frustrazione, senso di colpa, fatica, dopo un’altra mezza giornata ci rassegnammo infine a falsificare I dati, se volevano una gaussiana l’avremmo fatta in qualche modo venire fuori, così cominciammo un lungo lavoro di manomissione pseudo-casuale dei campioni, in particolare di quelli concentrate nei due distinti “picchi” nell’ottica di far venir fuori un unico picco.
Il problema era che, con I mezzi tecnologici dell’epoca, si trattava di un lavoro titanico, infatti per ogni modifica dei dati eravamo costretti a 1) calcolare I parametri della gaussiana risultante 2) disegnare sia la gaussiana che l’insieme dei dati contraffatto sulla carta millimetrata e 3) confrontare l’obbrobrio risultante con alcune copie in bianco e nero di relazioni “esemplari” consegnate negli anni precedenti che eravamo riusciti a reperire per vie traverse, e sulla cui autenticità cominciavo a nutrire crescenti dubbi.
Utilizzammo l’intero week end in questa continua opera di falsificazione-rappresentazione-confronto, alla ricerca di un qualcosa di plausibile e presentabile, eravamo sfiniti, due uomini sull’orlo di una crisi di nervi.
Poi venne il giorno della presentazione del lavoro di falsificazione laboratorio al professore/tecnico, si doveva far vedere la relazione preparata, discuterla molto brevemente, e ottenere il lasciapassare per l’esame vero e proprio.
Io e Pietro eravamo stanchi, preoccupati, e ci sentivamo degli abbietti truffatori, ma purtuttavia ci presentammo, esibimmo il lavoro, e ottenemmo in men che non si dica il tanto agognato lasciapassare, con qualche piccola protesta per la “bassa qualità” dei dati riportati (il disegno su carta millimetrata non era sembrato sufficientemente “lindo” e “dettagliato”, ma dopo qualche commento era seguito un pass, insomma il minimo sindacale del sarcasmo.
Mentre me ne stavo per andare (con quella sensazione di aver derubato qualcosa a qualcuno e di averla fatta franca per un soffio), un particolare attirò la mia attenzione: uno degli studenti aveva irritato il professore, e ne era nata una ramanzina ad alto volume che era impossibile non sentire.
Conoscevo di vista lo studente coinvolto e lo trovavo antipatico, era il classico secchione, sempre impeccabile nel linguaggio, nella forma, nei modi, persino I vestiti, sembrava uscito da un catalogo dei grandi magazzini, I suoi commenti sulle performance altrui erano sempre dettagliati, vagamente sarcastici, persino pungenti ….insomma…un vero rompiscatole.
Il lavoro del secchione mi fece capire cosa intendeva il professore per “lavoro accurato”, aveva trovato un tipo di carta millimetrata bellissimo, un formato di foglio più grande e con una maggiore risoluzione del normale, I punti riportati sembravano fatti a macchina, non un punto di dimensione maggiore degli altri, non c’era una traccia di cancellazione con la gomma, non una macchia, non una spiegazzatura del foglio…nulla…un lavoro immacolato…..ma ….ERETICO: il secchione aveva volutamente scelto di riportare prima I punti sperimentali (le percentuali a soglie dei campioni rilevati), e poi aveva tracciato con una abilità degna di Giotto una curva che empiricamente interpolasse tali punti, la curva risultante era del tutto empirica, e non era nemmeno lontanamente somigliante ad una gaussiana, era perfettamente delineato ciò che io avevo solamente intravisto: una splendida e nitida coppia di gobbe tipo-cammello, meravigliose, vere, inequivocabili….perfino esteticamente gradevoli.
Il professore era inizialmente andato su tutte le furie, poi, in considerazione della reputazione del secchione (un intero semestre nella prima linea di banchi alla lezione, con trecento persone che lottavano per quel posto, che lui riusciva invariabilmente a conquistare) diede inaspettatamente una seconda opportunità all’eretico: “vada via, ritorni domani con qualcosa che elimini questo obbrobrio e faccia venir fuori qualcosa di plausibile”.
Non so cosa accadde l’indomani ma ebbi l’opportunità di vedere successivamente il secchione arrivare fino alla laurea, e prima di me, quindi credo che anche lui fece quello che io e Pietro avevamo fatto…solo meglio, e probabilmente più rapidamente.
Il tempo passò rapidamente e dimenticai l’accaduto fino a svariati anni dopo, e precisamente fino alla stesura della mia tesi di laurea…
(continua: La Gaussiana Episode 3)