MARCO FORNARO 

Marco Fornaro

Sono un ingegnere, un ipnotista, un coach, un intellettuale, ma soprattutto sono una persona che ha sempre vissuto molto intensamente

PER ULTERIORI INFORMAZIONI CONTATTAMI:

+353-85-7413235 (WHATSAPP)

marco.fornaro@gmail.com


Il Cambiamento - Passo 1 - Accettazione – Strategie di reframing

2023-08-21 12:04

Marco Fornaro

SOCIETA, LETTERATURA, LE_MIE_STORIE, COACHING, HYPNO, 2000011,

Il Cambiamento - Passo 1 - Accettazione – Strategie di reframing

La Vita non è come dovrebbe essere, La vita è quella che è, è il modo in cui la affronti che fa la differenza – Virginia Satir

(La vita è ciò che ti accade quando sei tutto intento a fare altri piani – John Lennon)

(La Vita non è come dovrebbe essere, La vita è quella che è, è il modo in cui la affronti che fa la differenza – Virginia Satir)

 

Nel periodo in cui ho scritto questo testo stavo leggendo e rileggendo “Il cigno nero”, di Nassim Nicholas Taleb, e, pur essendo “abituato” ad osservare cambiamenti radicali e la reazione delle persone ad essi, sono rimasto impressionato dalla lucidità con cui Taleb descrive le reazioni umane della sua comunità di origine in Libano immediatamente dopo l’inizio della guerra civile…..Taleb racconta di queste persone, convinte che la guerra durerà pochi giorni, che vivono in alberghi o alloggi di fortuna, che si circondano di persone e oggetti appartenenti alla loro (ormai ex) normalità, mentre il tempo scorre, e ogni giorno che passa rende sempre più chiaro, per chi ha occhi per vedere, che nulla tornerà come prima.

Il fatto di rimanere attaccati ad un passato oramai perduto toglie irrimediabilmente preziose risorse che potrebbero essere destinate a “fare qualcosa” nella situazione attuale, ma il danno forse più forte è la incapacità di vedere le nuove risorse ed opportunità derivanti dalla nuova situazione (nel caso di Taleb il semplice fatto di essere permanentemente trasferito in una locazione sicuramente più vantaggiosa per il ruolo di scrittore internazionale che lo aspettava ), questo senz’altro per la maggior difficoltà di notarle (particolarmente vero per dei rifugiati).

Personalmente quando penso alla mia esperienza al riguardo della riluttanza nel riconoscere che una situazione è cambiata e vederne le nuove opportunità penso al cambiamento della mia vita quando i miei si separarono, quando io avevo 12 anni, e dovetti seguire mia madre in una città, un’area densamente popolata e piena di inquinamento, essendo prima stato abituato a correre felice e giocare in spazi sconfinati, in aperta campagna, spazi pieni di animali che amavo.

Quel bambino, perché’ ero ancora un bambino, non ci vedeva proprio nulla di positivo nell’essere privato di quella natura rigogliosa e di quella casa enorme, e sbattuto in una città ostile e dentro un appartamento appena sufficiente per me, mia madre e mia sorella, ricordo ancora i pianti e gli incubi (in senso letterale!...INCUBI!) di quel tempo.

Di lì ad un anno sarei entrato nella fase adolescenziale, dove poco contavano gli animali domestici con cui giocare, e si faceva invece prepotente l’esigenza di contatti sociali, specialmente con coetanei, dovetti poi arrivare alla scelta della scuola superiore per realizzare l’immensa opportunità di vita che mi si era presentata, potevo scegliere liberamente numerosi percorsi scolastici e di vita che, se fossi rimasto ad abitare in un borgo di mille abitanti, mi sarei semplicemente sognato, potevo frequentare circoli culturali e movimenti politici.

Solo POI ho realizzato quanto ero stato fortunato....a mia insaputa!

Come si può notare alle volte ci è proprio impossibile, almeno nel breve periodo, capire COSA c’è di positivo in un certo cambiamento (di nuovo: specialmente nel caso di rifugiati in fuga da un paese in guerra che hanno perso tutti i loro averi), ed è facile obiettare che non si può essere sicuri che qualche cosa sia stato positivo,  per esempio nel mio caso se fossi rimasto a vivere in un paesino magari mi sarebbe piaciuto anche in fase adolescenziale, magari avrei vissuto una vita completamente diversa ma più felice, chi lo può dire per certo?

Alcuni dei libri che ho letto , comunemente quelli in cui si parla di regressione ipnotica  a vite precedenti, sostengono che tutto quello che affrontiamo nella vita, persino gli eventi più spiacevoli come una malattia, la perdita di una persona amata, o persino uno stupro o la morte prematura, sono stati in qualche modo pianificati, da noi stessi, con lo scopo di farci evolvere come persone e come anime, io sono un semplice essere umano, e non posso sapere se questo è vero…MA..IO SO, e lo so per certo, che questo atteggiamento aiuta moltissimo ad accettare eventi e situazioni spiacevoli, persino “inaccettabili”.

Si noti che in questa fase (accettazione) chiunque abbia una qualche forma di fede spirituale o religiosa ha un vantaggio: può facilmente collegare le sue temporanee “disavventure” ad un percorso più ampio....ed accetta che tale percorso possa a volte essere imperscrutabile per occhi umani, può persino accettare che la sofferenza che prova sia LA ragione per cui si trova ad affrontare certi eventi, cioè che non solo non sia un mero prezzo da pagare, ma il fine ultimo, il fondamento della positività di quello che gli sta accadendo. 

Invito chi legge, anche a quelli totalmente sprovvisti di fede e riluttanti alla sola idea di possederla, a fare le seguenti considerazioni:

1) Cosa c’è da perdere? Cosa ci si guadagna a NON credere che quello che mi sta capitando abbia un risvolto positivo? 

2) Quale dei due atteggiamenti mentali è più efficace? La incapacità di accettare una certa situazione o l’attivarsi con i mezzi che si hanno a disposizione a prescindere dalle probabilità di successo?

3) Come Esseri umani siamo per definizione impossibilitati a conoscere un qualcosa di sopra-naturale, se non altro perché’ siamo esseri intrinsecamente limitati, quindi a domande fondamentali quali “Dio esiste?” o “Perché’ sono in questo mondo?” non è in alcun modo possibile rispondere usando la logica, chiarito questo non trovate sia più efficace il pensare come gli autori precedentemente citati? Non è forse più motivante ritenere di stare affrontando un qualcosa che noi stessi abbiamo deciso che era opportuno affrontare....a prescindere dai risultati in questa vita?!

(e’ il “Credo quia absurdum” (credo perche’ e’ assurdo” https://it.wikipedia.org/wiki/Credo_quia_absurdum) dei latini o il ”credo perché’ mi conviene della ”Scommessa di Pascal” (https://it.wikipedia.org/wiki/Scommessa_di_Pascal )

Si tratta ovviamente di domande retoriche.

Invito pertanto il lettore, qualora la accettazione sia una fase giudicata “indigeribile”, e a prescindere dalle più intime convinzioni individuali e dal proprio (sacrosanto) scetticismo, ad adottare l’atteggiamento sopra descritto, quello immediatamente derivante dalla prima delle domande poste: “cosa ho da perdere”?, può apparire impossibile convincersene, credere a fondo, ma non è quello che sto suggerendo, io vi chiedo di agire COME SE fosse così, può sembrare difficile  ma credetemi, so per esperienza personale che FUNZIONA! 😉....e se non altro vi farà sentire meglio sin dal primo istante.

 

Professional World changer @ non mi importa dei diritti legali, ma faccio causa ai bugiardi