MARCO FORNARO 

Marco Fornaro

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Il confino – Io So…..

2023-08-23 13:57

Marco Fornaro

2000012,

Il confino – Io So…..

Mia Nonna, mio Nonno, il fascismo...il confino

In pieno periodo fascista, soprattutto dopo il 1936 quando Mussolini godeva di una autorità assolutamente indiscussa, poteva capitare di finire in guai seri per motivi che, agli occhi di un cittadino di un moderno paese democratico risulteranno letteralmente incomprensibili, una misura non di rado usata era il “confino”, istituto già presente dalle origini del regno di Italia, ma che con il Fascismo divenne prassi ricorrente contro oppositori politici, verso i personaggi scomodi, ma persino  verso persone non completamente allineate con il regime, alla vittima di tale procedura era ordinato di trasferirsi in un luogo remoto, di norma molto distante dalla propria abitazione, e veniva garantito solo lo stretto indispensabile per vivere, il “confinato” non era un qualcuno che si era macchiato di un crimine (per quello c’era direttamente il carcere), ne’ tantomeno erano necessarie “prove” degne di tale nome, ma come in un film “minority report” ante litteram era qualcuno sospettato di potersi macchiare di un crimine, cioè qualcuno che, a indiscutibile giudizio di una commissione prefettizia locale, avrebbe potuto finire col commettere un crimine. 

Il fascismo imponeva non solamente di stare attenti a ciò che si diceva ma anche fare molta attenzione ai propri atteggiamenti, vi erano infatti tante consuetudini, riti ed usanze, dalla partecipazione semi-obbligatoria al partito fascista, ai discorsi del Duce che potevano in qualsiasi momento della giornata essere trasmessi mediante altoparlante, e che si era obbligati ad ascoltare in silenzio ed in piedi, e bisognava non avere comportamenti “irritanti”.

Per quanto mi è stato detto l’unica cosa a carico di mio Nonno Marino, il marito di mia nonna Tullia, erano per l’appunto queste due ultime cose: aveva sempre evitato di iscriversi al partito fascista, e se c’era un discorso del Duce lo si sarebbe potuto vedere eclissarsi in tutta fretta accampando ragioni di lavoro.

Un brutto giorno (testimonianze dicono che fosse nuvoloso, plumbeo) gli venne recapitata dal messo comunale la comunicazione ufficiale: in quel paesino sperduto nella campagna Veneta, Cive’, avrebbe avuto l’onore di essere il primo destinato al confino.

La Tullia (sua Moglie, e mia nonna materna) tornò a casa in serata, col suo motorino, come al solito bardata come un astronauta, e come al solito stanca per il lavoro di ostetrica in quella condotta sterminata, infreddolita e vagamente di malumore.

Non fece in tempo ad incontrare il marito, la notizia le fu riferita da una delle donne di casa, credo proprio da Emma (il suo donna-di-casa-ma-braccio-destro-tuttofare-adatto-a-lavori-pericolosi).

(Testimonianze riferiscono che ) La Tullia non proferì parola, non fece alcuna espressione del viso distinguibile dal solito malumore serale, non entrò in casa, non si tolse nemmeno quella imponente giacca ed i guanti degni di un portiere che tanto la infastidivano, e rimase alcuni interminabili istanti con lo sguardo fisso nel vuoto….poi sempre senza aprire bocca o dare alcuna spiegazione rimontò sul suo motorino e ripartì verso destinazione ignota.

(a questo punto ogni riferimento all’accaduto è testimonianza diretta di mia nonna, che aveva inaspettatamente deciso di condividere questi fatti, anche i particolari più sconvenienti, con il più vecchio dei suoi nipoti, nonostante fosse un ragazzino piuttosto impertinente e con i capelli lunghi)

Mi nonna raggiunse l’abitazione del ras fascista locale, suonò e disse che gli doveva parlare.

Quando fu ricevuta in privato in una stanza con l’uomo che era andata ad incontrare si sedette (ma rifiuto’ di togliersi la giacca) e immediatamente partirono da questi tutti i convenevoli di rito, con frasi ad effetto calmante del tipo “sono venuto a sapere della notizia e mi dispiace..”, “non credo che Marino se lo meriti ma non posso farci niente…”, “certo che se lui con il suo atteggiamento….ma comunque so che è un brav’uomo”, mia nonna annuì ma gli fece cenno di fermarsi e lasciarla semplicemente parlare.

Ci fu un attimo di silenzio prima che mia nonna pronunciasse le seguenti frasi, suppongo con voce ferma e volto inespressivo come quando era veramente inferocita, le riporto di seguito, sia in dialetto veneto che in Italiano

Mi so che so fia ga vuo un aborto

So che sua figlia ha abortito

(silenzio)

So chi che la ga messa incinta

So chi l’ha messa incinta

(silenzio)

So da chi che ea xe ndada (ad abortir)

So da chi e’ andata (per abortire)

(silenzio)

…e so perfin quanto che’l ga pagà..

…e so perfino quanto hai pagato…

(silenzio)

A quel punto, forse anche per il persistente silenzio dell’interlocutore, mia nonna decise di alzarsi, uscì dalla abitazione senza salutare e senza essere salutata, si rimise guanti, cappello e occhialoni, rimontò in motorino e tornò a casa. 

(non ci sono testimonianze, dirette o indirette, di quella sera a casa in famiglia, o dei giorni immediatamente successivi)

A dispetto della comunicazione ufficiale…Mio Nonno non fu mai mandato al confino

 

Professional World changer @ non mi importa dei diritti legali, ma faccio causa ai bugiardi